Nascosta nel bosco: la vecchia casa del Marinaio

da | 8 Settembre 2024 | Vecchie Case Abbandonate, Antiche Ville Abbandonate | 0 commenti

Notti di tempesta, lettere all’ignoto. Ho troppo da dire e nessuno che ascolta. Allora resto muto. Conto i secondi tra un lampo e un tuono, solo io e la pioggia sappiamo quanto può scaldare la fiamma di una candela.

Ce la immaginiamo così, la notte di un marinaio. Passata a trascrivere il suo sapere battendo i tasti di una vecchia macchina da scrivere, con le dita raggelate, alla luce di una candela accesa, nella stanza ombrosa, mentre la tempesta si allontana fuori dalle finestre e i bagliori dei lampi colorano l’orizzonte sul mare.

Forse un tempo si vedeva il mare da quelle finestre, adesso la fitta vegetazione lo impedisce. Ecco un esempio di “capsula del tempo“. Termine che ormai è entrato nel gergo dell’urban exploration e si riferisce a quei luoghi che in qualche modo i decenni di abbandono hanno fatto sì che gran parte di tutto ciò che è custodito al loro interno si sia preservato, seppur con i segni evidenti del tempo e del decadimento, e varcandone la soglia, si ha proprio la sensazione di essere riportati indietro, in un tempo lontano. Uno scrigno che conserva dentro tutta la sua essenza, tutto ciò che apparteneva ai proprietari, le foto, le lettere, la mobilia, gli abiti, i libri, i souvenir, e come in questo caso addirittura diplomi e attestati, titoli e onorificenze. Una capsula appunto, che protegge, il cui contenuto rimane incredibilmente congelato e sospeso da qualche parte nello spaziotempo.

Chiunque abbia visitato questa casa converrà con noi che si debba faticare un po’ per raggiungerla. Il giorno della nostra visita era estate, il caldo torrido ci attanagliava. La villetta è un po’ isolata, i rovi si avviluppano intorno alle mura, serrandola, quasi a volerne impedire la vista e l’accesso. Poco prima, nel tragitto, ci siamo imbattuti in un branco di cinghiali che ha disceso il monte saltando di grotto in grotto in fila indiana, proprio davanti al nostro naso. L’esperienza e la magia dell’urbex non si limitano all’esplorazone in sé, ma si estendono al viaggio, alla compagnia, all’emozione e tutto ciò che fa da contorno. È la strada che ci porta fin lì, a regalarci spesse volte uno spettacolo per gli occhi, altre volte incontri bizzarri.

Questa è un’abitazione talmente imboscata che non si lascia scorgere facilmente, finché non si arriva davanti alla sua imponente facciata, che forse appare ancor più alta di quel che è, proprio perché si affaccia a ridosso del malagevole e scosceso bosco, dal quale si giunge dopo una breve salita. La vegetazione è talmente fitta che anche volendo scattare una foto dall’esterno, non vi è lo spazio sufficiente.

Ma chi dimorava in questa casa?

La prima informazione la troviamo sulla targhetta affissa davanti al portone, dove si legge la dicitura Cav. Nome e Cognome (che non riportiamo per motivi di privacy) e sotto, Cap.no M. M. (ovvero, Capitano della Marina Militare). Una volta varcata la soglia, gettando un primo sguardo su un’onorificenza appesa e incorniciata nel salotto, possiamo avere qualche informazione in più sul grado militare: l’attestato, rilasciato dal Ministero della Marina Militare, riporta infatti la dicitura Tenente di Vascello del Cemm. (Corpo degli equipaggi militari marittimi, precedentemente Crem, Corpo regi equipaggi marittimi). Status databile sicuramente all’epoca successiva alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la sigla CREM divenne infatti CEMM proprio per adeguamento alla riforma istituzionale repubblicana dello Stato, dunque non poteva chiamarsi CEMM prima della fine del Secondo Conflitto.

Certo è che all’inteno di questa casa tutto riporta agli anni ’40. In primis un fascicolo in bella vista sul tavolino collocato al centro del salotto, con impresso l’anno 1941, in caratteri grandi.

L’ambiente è veramente claustrofobico, cupo, oscuro, senza un filo d’aria, con l’acre odore di muffa che entra nelle narici, zanzare inferocite, ragni e topi dappertutto, come è immaginabile per una casa completamente aperta e lasciata alla mercé del bosco. Non siamo stati troppo a rovistare tra le polverose scartoffie per poterne ricostruire una storia cronologica, ma abbiamo filmato e fotografato alcuni documenti, grazie ai quali siamo riusciti a rimettere insieme alcuni pezzi e “togliere un po’ di polvere”.

… Benedici nella cadente notte il riposo del popolo, benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare …

Passo tratto dalla Preghiera del Marinaio, di Antonio Fogazzaro, nel 1909 ne venne resa obbligatoria la lettura a bordo.

In uno di questi documenti, una sorta di scheda personale, troviamo ulteriori importanti dettagli: oltre al numero di matricola, alla voce “grado e specialità” è ben distinguibile la dicitura Capo di 2ª classe torp. (presumibilmente torpediniera) seguito dalla sigla E.M.G. (Che potrebbe stare per État-Major Général in francese, ed equivarrebbe a S.M.G., Stato Maggiore Generale in italiano). Ma perché una sigla francese? Una spiegazione logica potrebbe essere un documento redatto o destinato a forze armate internazionali, o risalente a un periodo in cui l’influenza francese era forte in ambito militare (ad esempio, durante la Seconda Guerra Mondiale, o ancora, un contesto di collaborazione o consultazione tra le forze armate dei due paesi, o più semplicemente, un errore di traduzione. Da ricerche in documenti storici militari risulterebbe che la sigla E.M.G. stia a indicare l’insieme degli ufficiali che assistono un comandante, occupandosi della pianificazione strategica, della gestione operativa e delle decisioni tattiche nelle operazioni militari. Il documento potrebbe dunque indicarci che la persona ha prestato servizio o avuto incarichi legati allo Stato Maggiore proprio sulle navi da guerra, nello specifico sulle torpediniere, una tipologia di navi piccole e veloci progettate per lanciare siluri contro le navi più grandi.

Sempre grazie al prezioso documento, apprendiamo inoltre che il Capitano nacque nel 1895 e si arruolò nel 1912 quando non aveva ancora compiuto i 17 anni. La domanda che ci sorge è dunque: perché scelse di arruolarsi a soli 16 anni? Diverse considerazioni potrebbero suggerire alcune possibilità: ricordiamo infatti che nel periodo che va dalla fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, l’età minima per l’arruolamento nelle forze armate italiane era fissata a 18 anni. Tuttavia, le norme e le condizioni variavano a seconda del contesto storico, della necessità militare e del tipo di forza armata. Durante i primi anni del Regno d’Italia, l’esercito era organizzato secondo leggi che prevedevano il servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini di sesso maschile a partire dai 18 anni. Alcuni giovani potevano però arruolarsi prima, a titolo volontario, ma l’età minima formale restava 18 anni. In alcuni contesti di guerra o crisi particolari, l’età di arruolamento poteva subire eccezioni, con giovani che entravano nell’esercito prima di raggiungere la maggiore età. Nel 1912 l’Italia era impegnata nel Conflitto Italo-Turco (1911-1912), una guerra combattuta contro l’Impero Ottomano per il controllo della Libia e delle isole del Dodecaneso. Anche se il conflitto non era su scala mondiale o europea, l’Italia fu coinvolta in operazioni militari importanti durante tutto il 1912, ma non sappiamo se possa essere stata quella la ragione del suo arruolamento, forse più semplicemente una vocazione personale o una tradizione di famiglia.

Tra gli altri titoli possiamo distinguere una medaglia d’onore per i suoi vent’anni di navigazione, la Croce d’Oro per i 40 anni di servizio conferita nel 1975 e un’onorificenza di Cavaliere conferita nell’anno 1956 dall’allora Presidenza della Repubblica, firmata da Giovanni Gronchi e Antonio Segni. Ci fa raggelare il sangue l’idea che tutto questo patrimonio storico e culturale sia lasciato lì, in balia del tempo e degli eventi.

Sappiamo inoltre che aveva una moglie, con la quale ha avuto due figlie femmine, la prima nata nel 1924 e la seconda nel 1926, rispettivamente all’età di 29 e 31 anni. La secondogenita era una farmacista, oggi, alla data di stesura di questo articolo, avrebbe l’età di 98 anni, con l’augurio che sia ancora in salute.

Ma come è possibile che tutto sia rimasto così al suo interno? Questa è una domanda che ci viene rivolta spesso. In questo caso, e come nella maggior parte dei casi, è la posizione stessa a proteggere e preservare il luogo. È la vegetazione cresciuta a dismisura a nascondere la casa e tenere lontani i vandali. La fitta macchia di rovi, erbacce e sterpaglie, l’ubicazione isolata e l’ostilità del bosco, scoraggiano le persone dal raggiungerlo, facendo la magia di restituirci, decenni dopo, queste incredibili testimonianze.

Un ultimo documento ci attesta infine l’anno di decorrenza della pensione del Capitano, conseguita, dopo una vita in mare, nell’anno 1955, all’età di 60 anni esatti. Ci allieta il pensiero che possa aver trascorso gli anni del suo pensionamento in questa casa, in felice compagnia della moglie, prendendosi cura l’uno dell’altra, godendosi la pace e la tranquillità del bosco, scrivendo pensieri, diari, missive ai suoi colleghi più cari, rievocando le avventure nel suo amato mare, al quale aveva dedicato l’intera esistenza. Sicuramente oltrepassò gli 80 anni di età, come si apprende dal riconoscimento ricevuto nel 1975, di cui sopra, con l’augurio anche per lui, che abbia goduto di una vita ancor più longeva.

Non ci resta che toglierci il cappello, socchiudere la porta e uscire, con la delicatezza di sempre e un’altra storia da raccontare. Ciao Capitano.

Seguono le gallerie fotografiche.

Prendete l’orizzonte: è soltanto una linea immaginaria. Ma è da millenni che trasforma i bambini in marinai, e i marinai in sognatori.

F. CARAMAGNA

Galleria di Alex

Esploratore. Fotografo. Viaggiatore del tempo.

Tap per ingrandire e swipe per scorrere. Su PC utilizza la rotellina del mouse o le frecce della tastiera.

Galleria di Simone

Esploratore. Fotografo. Viaggiatore del tempo.

Sotto la Polvere nasce dall’amore e la passione per i luoghi dismessi e abbandonati. Le esplorazioni sono realizzate nel rispetto più assoluto del luogo visitato, senza alcuna forma di effrazione o danneggiamento. Spesso li troviamo per caso o ci vengono suggeriti. Non indichiamo mai il nome reale del luogo e la sua ubicazione per salvaguardarlo da vandali e potenziali malintenzionati.

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