Le Due Morti di Buriano, il Borgo Dimenticato

da | 29 Ottobre 2021 | Fede Incrinata, Strutture Ricreative e Ricettive, Borghi, Villaggi Abbandonati e Città Fantasma | 0 commenti

Il nostro paese è pieno di inspiegabili abbandoni: antichi borghi, villaggi fantasma, piccoli nuclei, interi paesi caduti vittima dello spopolamento. La Toscana ne conta svariati, uno di questi e forse uno dei più conosciuti è l’antico borgo di Buriano, una vera oasi di pace incastonata tra le colline. Buriano a differenza di altri luoghi come questo, il cui declino demografico è rappresentato da una linea in costante e graduale discesa fino giorno del loro totale abbandono, ha una storia diversa da raccontare: possiamo dire che ha subito un doppio abbandono. A un certo punto della sua lunga storia si è cercato di ridare vita al borgo e di contrastare il fenomeno dello spopolamento, trasformandolo in un luogo di ristorazione e di riposo. Il borgo è riuscito così a riprendere vita per alcuni anni, per poi morire di nuovo e in maniera definitiva. Una doppia morte. Ecco spiegato il titolo da noi scelto, le due morti di Buriano.

Cenni Storici

Il borgo nasce in periodo altomedievale e fin dal XII secolo fu feudo dei nobili Saracini di Pisa, dai quali, nel 1108, l’allora vescovo di Volterra Ruggieri, ne acquistò la metà dei castelli e dei territori, possedimenti poi confermati ai vescovi successori. Troviamo successivamente documentazione della località di Buriano nei privilegi imperiali di Federico I, Enrico VI (1186), Ottone IV e Carlo IV (1353 e 1369). Il popolo di Buriano prestò giuramento di sudditanza al Comune di Volterra fino al 1273, quando ne divenne parte insieme al suo castello. Dal 1361 divenne proprietà dei marchesi Incontri di Volterra, la cui famiglia vi realizzò una vasta tenuta. Nel 1929 il territorio di Buriano passò sotto il comune di Montecatini Val di Cecina.

Il Borgo Abbandonato di Buriano Urbex Toscana

All’inizio del XX° Secolo, Buriano fu acquistato dalla famiglia di Pietro Emilio de Rochefort, casato di origini francesi, che ne mantenne la proprietà fino agli anni ’60.

Nel 1833 il censimento del borgo contava 129 abitanti. Nel 1931 raggiunse probabilmente il picco massimo contando 457 abitanti, ma cominciò drasticamente a discendere subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1961 contava infatti 43 abitanti e soltanto 12 nel 1981.

Dal 1986 il borgo fu riconvertito in resort e gestito da una famiglia di imprenditori fino al 1996. Fu uno dei primi agriturismi italiani, dedicati alla cucina di qualità e a un turismo di riposo nella campagna. L’albergo contava 14 camere. Poi, negli anni ’90, un medico Svizzero si innamorò della sua pace e della sua storia e decise di acquistare la proprietà. Il professore aveva un progetto molto ambizioso: tramutare la tenuta in una grande beauty farm, un investimento di venti miliardi di lire che rappresentò il tentativo di rilanciare il borgo e la sua economia e di incentivarne la ripopolazione creando la bellezza di 60 posti di lavoro. il progetto però si dovette scontrare prematuramente con i rigidi paletti imposti dalla burocrazia italiana e tutto svanì in una grande bolla di fumo. Il ristorante chiuse così i battenti nel giro di breve tempo e il sogno del medico svizzero si infranse. A partire dal 1998 Buriano divenne un borgo completamente disabitato. Un luogo dormiente.

Nel borgo sopravvive ancora un piccolo cimitero con una cappella sepolcrale intitolata alla famiglia Incontri di Volterra e una chiesa dedicata a San Niccolò. Oltre a varie case coloniche, aveva una scuola elementare, un emporio e tabaccheria, un monumento ai caduti, una “casa degli animali” fatta erigere da Emilio de Rochefort nelle cui stalle venivano allevate varie specie di bestie da cortile.

Cause dell’abbandono

Una delle domande più frequenti che ci vengono poste dai nostri lettori è proprio questa: perché questo luogo è stato abbandonato? Che si tratti di un paese, di un borgo, di una villa o un castello, è sempre un fenomeno apparentemente inspiegabile, soprattutto quando ci troviamo davanti a uno scenario surreale, come ad esempio una tavola apparecchiata o gli effetti personali lasciati lì, “come se gli abitanti se ne fossero andati da un giorno all’altro”. Una domanda più che legittima, dunque.
Le cause che conducono un paese all’abbandono possono essere molteplici: un evento naturale come un terremoto, una frana, la carenza d’acqua, l’esaurimento di una miniera, ma la causa più comune è senza dubbio il venir meno del ruolo centrale dell’agricoltura nel sistema produttivo. Spesso questi piccoli nuclei, tenute, fattorie, borghi, villaggi, si formano proprio per necessità agricole o commerciali, produttive o industriali, nel momento in cui queste necessità vengono a mancare, anche le esigenze individuali mutano. Spesso questi luoghi sono geograficamente isolati, scomodi da raggiungere, lontani dai centri abitati, e dai punti di approvvigionamento di generi alimentari, il che, in epoca medievale, da un punto di vista strategico-difensivo era indubbiamente un vantaggio, ma un grosso problema per la civiltà moderna. Dobbiamo poi considerare la quasi impossibilità di trovare un impiego o di avviare una propria attività in un luogo in cui la domanda e l’offerta sono praticamente inesistenti.

Curiosità

Si dice che ci fosse un forte legame di amicizia che legava Pietro Emilio de Rochefort, che era figlio del barone Federigo, e l’agente della fattoria di Buriano Antonio Simoni. Il legame era talmente forte che il barone Emilio e la consorte, Anna Ottavia marchesa di Chabannes de La Palice, chiamarono Antonio il loro erede maschio, mentre Antonio Simoni diede a sua volta il nome di Emilio e di Ottavia ai suoi figli. (Fonte: Fabrizio Rosticci, La Torre Belforti, in “La Spalletta”, a. 18 gennaio 2014).

Gli abitanti di Buriano amavano molto il loro padrone, come testimonia una lapide affissa su uno degli edifici del paese, nella quale Pietro Emilio de Rochefort si rivolge agli abitanti omaggiandoli di un vero e proprio elogio all’abbondanza, un enorme tuffo al cuore leggere le sue parole:

«BURIANESI Cari figlioli miei da voi sono chiamato il buon babbo, davvero esser lo voglio e perciò intendo che mangiate ognuno. In tutte le feste dell’anno il pollo grasso ed anche il coniglio condito col lardo fresco del vostro maialino.»


Pietro Emilio de Rochefort, 1883

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Sotto la Polvere nasce dall’amore e la passione per i luoghi dismessi e abbandonati. Le esplorazioni sono realizzate nel rispetto più assoluto del luogo visitato, senza alcuna forma di effrazione o danneggiamento. Spesso li troviamo per caso o ci vengono suggeriti. Non indichiamo mai il nome reale del luogo e la sua ubicazione per salvaguardarlo da vandali e potenziali malintenzionati.

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